Personaggi – Alvaro Siza e Linde Burkhardt

Linde e Alvaro

Non è una doppia rassegna quella che occupa gli spazi della Pinacoteca Comunale di Gaeta da Ottobre 2013 a maggio 2014, con due nomi di rilievo internazionale, Al­varo Siza e Linde Burkhardt, ma un progetto espositivo che si articola in una duplice presenza alimentata da sot­terranee affinità, che riguardano tanto il risvolto antropologico della ricerca (non a caso il titolo della mostra è Personaggi), quanto una singolare apertura al mito – sfondi la storia e il tempo- che caratterizza in filigrana sia l’opera del grande artista e architetto portoghese, sia quella della nota artista e designer tedesca. Le diversità, in termini stilistici, sono d’altra parte la ricchezza del­l’esposizione, che declina, nello specifico dei registri per­sonali, due percorsi di forte suggestione, ordinati sulla scia delle grandi mostre promosse negli ultimi anni dalla Pina­coteca, da Hartung a Magnelli.

 

 

È la suggestione antropomorfa, in equilibrio tra fisicità e sintesi visiva, connessa con una percezione insieme co­smica e razionale dello spazio, ma anche con un implicito avvertimento esistenziale, il segno fondante della scultura di Alvaro Siza. Il suo sguardo non elude la realtà fisica, ma la recupera in una dimensione dell’essere e del sentire al limite con la visione simbolica, con un segno che coglie a monte le tensioni psicologiche e le vitalità intrinseche della natura umana. Nella sua ricerca c’è per un verso il recu­pero del mondo classico, con le sue armonie formali e le sue allusioni dinamiche, trasmesse nella tensione dei corpi e nell’equilibrio tra espressione fisica e dimensione psi­chica, per l’altro una sintesi tutta contemporanea che at­tiene ai meccanismi interni della vita. L’equilibrio tra passato e presente assume cioè nell’opera di Siza una forma che mette in campo il rapporto tra sguardo e inter­pretazione, ma anche tra sguardo e riarticolazione dello spazio vissuto, muovendo come da un osservatorio so­prelevato, sfondo il tempo, indagando il visibile con la lu­cidità di un pensiero prospettico aperto all’invisibile. Le immagini sono del nostro tempo, indubbiamente, ma pre­suppongono la storia, in una visione che parte dal primi­tivo ed è proiettata al futuro. In tale ampiezza speculativa ha senso anche la scelta dei materiali, il legno soprattutto, materiale della natura, lavorabile con agilità: materiale vivo, vitale. Lo straordinario di Siza è qui, nel suo porsi da os­servatore che va al di là della cosa osservata, pur re­stando fedele alla realtà, quale è percepibile con lo sguardo adattato ad una visione ampia, e altresì interiore, essenziale e per ciò universale. Le stesse stilizzazioni formali sono anche suggerimenti psicologici, perché attuano un processo di identificazione, dell’uomo, della vita. L’uomo è comunque al centro, tra spazio esteriore e spa­zio interiore, tra espressione e comunicazione, tra passato e futuro. Anche per questo le sculture di Siza presuppon­gono il silenzio.

Tutto ciò è leggibile nelle sue opere. In quella della foto n° 4, ad esempio, la forma nel suo assetto elastico ri­chiama potentemente sculture ellenistiche, evoca imme­diatamente una dimensione antropomorfa. In quella della foto n° 5 paiono coniugarsi con continuità, quasi in un processo metamorfico, la tensione costruttiva, legata ad una sintesi razionale della forma umana, e l’espressione dinamica della vita. L’opera si compone di due successivi segmenti. Il primo è morbido, il secondo geometrizzato, contratto in una tensione elastica. Sebbene vi sia visiva­mente contrasto tra i due segmenti, essi esprimono un continuum formale, in cui il segno trascende la stessa forma, interpreta uno stato interno, oltre che fisico, psi­chico ed emozionale (si osservi la scultura di apertura del catalogo, caratterizzata da un umanissimo sentimento spirituale). Ciò perché le opere di Siza esplicitano una schematizzazione visiva che non è semplice stilizzazione, ma conversione come in un altro linguaggio rappresenta­tivo della realtà umana, che presuppone il vissuto del­l’uomo. Non a caso le opere sono estremamente suggestive anche da un punto di vista psicologico.

Altrove la forma assume un assetto più simbolico. Una nota opera dell’artista portoghese è costituita da un ri­piano su cui è posta una sagoma geometrizzata. L’allu­sione alla figura umana, posizionata come in antiche sepolture, in cui potrebbe leggersi il dialogo tra la vita e la morte, è immediata. In mostra è invece l’opera, solo in parte simile, della foto n° 9, in cui può cogliersi una sin­golare coniugazione dell’oggetto e della figura. L’”uomo-panca” esprime una continuità metamorfica, un legame profondo tra l’uomo e la natura. La sintesi compiuta da Siza – sintesi formale, ma anche sintesi intuitiva – oltre­passa il tempo, definisce come un segnale originario di una condizione dell’essere, aperta al mistero dell’esi­stenza.

Straordinari sono poi i disegni. Non sempre sono prepa­ratori ai lavori. Talora costituiscono come una meditazione visiva, un percorso mentale esplicitato nella continuità del segno grafico, che percorre emotivamente e intuitiva­mente il piano bianco del foglio. I disegni, in questo senso, sono come spartiti musicali, tracce di una illuminazione d’anima. Una delle sue più conosciute pagine rappresenta come in una sequenza filmica uno spazio primitivo (ma anche, per certi versi, avveniristico), in cui si confrontano la natura e l’uomo. Quest’ultimo è una dinamica figurina che sembra opporsi ad una massa in assetto dinamico, come se stesse ingaggiando una battaglia. In realtà il con­fronto è più alto, per certi versi mentale e non per questo meno poetico. Tra l’uomo e la vita, tra la storia e il tempo.

Innestate inizialmente nella sfera del design artistico, ma di fatto debordanti da esso, le finissime stilizzazioni di Linde Burkhardt si nutrono sovente, anch’esse, di una sotterranee tensioni antropomorfe, espresse soprattutto nell’assunzione di forme che prendono vita per allusioni dinamiche all’interno di un gusto vagamente surreale. D’altra parte l’aspetto decorativo per la Burkhardt è segno che si articola in un percorso tra intuizione e razionalità, finemente elaborato in chiave fantastica, vigilato psicolo­gicamente, meditato culturalmente. Tende ad assumere una tensione più profonda, più esistenziale. Il segno non è solo compimento di una funzione, ma dimensione ec­cedente, sia pure inclusiva. Non solo genera specchi emozionali, ma acquista un senso linguistico interno, di­venta una sorta di vocabolario interiore. In realtà per l’ar­tista è fondamentale la struttura dell’opera, come organizzazione dello spazio e come progetto d’anima. È per questo che è implicita nella sua arte una spinta poe­tica e letteraria. Alcune suoi lavori, pur restando oggetti d’arredo, sono segni-simbolo di una dimensione più ampia, storica ed esistenziale. Ecco perché le opere della Burkhardt hanno bisogno tanto di ombra che di luce: nella penombra acquistano una suggestione introspettiva, nella luce dispiegano tutta la loro variegata fantasia.

Va naturalmente fatta una distinzione tra periodo e pe­riodo del suo lavoro, che è necessario declinare, in una veduta d’assieme, anche solo a cominciare dalle cose più recenti, come i “Piatti scritturali” dei primi anni Duemila, vere e proprie narrazioni intimistiche, recuperate entro un equilibrio formale e compositivo di grande eleganza, per poi proseguire con i “Tempietti”, del 2008, e le “Dimore dei sogni”, che aprono alla sintesi stilizzata della figura umana.

Se tuttavia il gioco della stilizzazione, nei suoi molteplici assetti, aperti non di rado a una vera felicità della visione, declina, come si è scritto, anche una tensione psicologica e quest’ultima pare assorbita dall’equilibrio formale e compositivo, in altro contesto diventa luogo centrale di una suggestione narrativa, spesso legata al mito e alla storia. È il risvolto più creativo, anche in senso letterario, dell’opera della Burkhardt, che da’ vita, in questo conte­sto, ad operazioni installative di grande suggestione.

Si innesta in questo filone l’intervento recente presso la Pinacoteca Comunale di Gaeta, dove l’artista presenta un progetto singolarmente articolato.

Ella ha voluto orientarsi, pensando alla esposizione gaetana, verso una suggestione legata al mondo ellenistico, anche in relazione alla storia e alla civiltà antiche della Ri­viera di Ulisse. In particolare recupera il mito di Odisseo e l’episodio celebre di Nausicaa, figlia di Alcinoo, re dei Feaci. Ulisse, naufrago, viene sospinto dalle onde sulle spiagge di Corcira. Al risveglio da un lungo sonno, assiste non visto al gioco libero e festoso delle fanciulle che ac­compagnano la principessa.

L’artista ha sviluppato il racconto sul filo di una storia che si intreccia col mito, per poi distanziarsene, formulando, di quel racconto, un nuovo risvolto psicologico ed esisten­ziale.

L’installazione si articola sostanzialmente in tre contesti scenografici. Nel primo le fanciulle attuano una sorta di ri­bellione. Nella sala espositiva della pinacoteca in cui sono collocate le opere dell’artista, sono riprodotti dall’originale ellenistico sette vasi su cui in origine erano raffigurate fi­gure femminili in vari ambienti connessi con la vita quoti­diana e con la cura personale. Ma le fanciulle sono assenti. Sono discese dai vasi in cerca di libertà. Accom­pagna la scenografia un dialogo tra di esse, scritto dal­l'artista, in cui si chiarisce il senso della fuga: un desiderio di libertà, un’avventura alla ricerca della personale e au­tentica identità femminile, una sfida al destino.

Le fanciulle discese (tra di esse la più timorosa, l’ultima a discendere, è Sofia, figurina in metallo che avanza timo­rosa lungo un’esile gradinata) giocano libere nel secondo contesto scenografico. Il mondo e i suoi spazi aperti sono simbolizzati da vasi di vetro e alabastro. Con essi le figurine, trepidanti come note musicali, interagiscono in un gioco di trasparenze e onde formali, di delicati rimandi allusivi.

Infine è lo sguardo di Ulisse. La figura distesa, il capo ap­pena sollevato, l’eroe traguarda stupito e ammaliato. La sua rinascita inizia di qui, da quello sguardo stupefatto, da quel rapimento d’anima. La libertà si accorda con la rinascita, con una nuova identità, una nuova configura­zione di sé e del mondo.

L’installazione della Burkhardt è notevole, sia sotto il pro­filo inventivo e installativo, sia sotto quello tecnico, della meticolosa e articolata preparazione e struttura delle fasi operative. L’artista ha riprodotto su tavole i quadri originali dei vasi, ha curato personalmente i testi del dialogo e delle didascalie, ha corredato i documenti di precise indicazioni storiche. La messa in scena conserva per ciò tutto il fa­scino di un’operazione nel mito, che diventa un viaggio personale in cui ciascuno può identificarsi. Il viaggio delle fanciulle può essere il nostro viaggio, nel nostro tempo e

nella nostra storia. Alla ricerca della libertà del cuore e dell’anima.

–        “Personaggi” tra antico e futuro

di Giorgio Agnisola

 

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SizaAlvaro Siza (1933) è uno dei maestri dell' architettura contemporanea, attivo a tutt‘oggi, vincitore di prestigiosi riconoscimenti internazionali, come il Pritzker per l'architettura, il Premio Imperiale giapponese e il Premio Europeo di Architettura; ultimamente ha ottenuto il Premio alla Carriera della Biennale Internazionale d' Architettura di Venezia. Ha costruito in tutti i continenti e i suoi progetti sono stati esposti in molte capitali; ha insegnato in importanti universita americane, sudamericane ed europee. 
Una mostra di Alvaro Siza è un avvenimento di grande rilievo che desta molta curiosità di conoscere il grande architetto nella veste di artista anche perchè saranno presentate sue sculture inedite unitamente a disegni e schizzi preparatori.
La scultura e sempre stata una grande passione per Siza. Da giovane aveva iniziato gli studi alla Scuola di Belle Arti di Porto, interrompendoli per passare a quelli di architettura per, come lui stesso dice, non contraddire il padre -ma ho un desiderio segreto: abbandonare l'architettura per fare altro, ma non so bene che cosa-. Dal 1998 questo 
anelito si rivelerà essere sempre più la scultura. Una mostra, delle prime piccole sculture realizzate, viene presentata nello stesso anno a Brescia.
La critica cerca affinità tra la plasticità architettonica e la scultura spiegando quest'ultima partendo dalla prima. Questa interpretazione analogica si rivelerà, con il proseguire degli anni, sempre più problematica perchè non tiene conto delle conoscenze e passioni di Siza per l'opera di alcuni artisti, pionieri della scultura moderna. 
In occasione di una mostra di architettura al castello medievale di Lecce, Siza spiazza i critici presentando sculture e mostrando opere che non hanno nessun rapporto diretto con la sua architettura. Si impone poi come scultore attraverso una serie di mostre a Porto e Lisbona nel 2009 e recentemente a Madrid.
Per trovare in Siza un collegamento tra la sua opera architettonica a quella scultorea, bisogna riferirsi al suo interesse per il realismo nell' arte, specialmente per quello sviluppatosi in Francia in risposta al clima politico, sociale e culturale intorno all'insurrezione del 1848.
I suoi acquerelli fra il 1955 e il 1957 ne sono la testimonianza. Un realismo che coglie la realtà sociale e che ritroviamo nella sua ricerca architettonica degli anni della Rivoluzione dei Garofani. Siza è tra i pochi architetti formatosi negli anni '70 del secolo scorso ad approfondire questo principio e riportarlo in maniera convincente in architettura rendendolo accessibile a tutti gli strati della società. Lo stesso vale per il linguaggio semplice ed incisivo delle sue sculture; egli applica questa sensibilità realista a tutta la sua opera: architettura, scultura e disegni.
D'altra parte attraverso la figurazione antropomorfa delle sue sculture, che sono finalmente "personaggi" della realtà quotidiana, Siza mette al centro del suo interesse e delle sue preoccupazioni la figura umana. Figure della vita quotidiana che ricordano e "fanno riscoprire la singolarità delle cose evidenti" (Siza).
Questo è il filo conduttore che lega in Siza l'architettura alla scultura e non come paradigma stilistico formale di superficie. La mostra delle sculture di Siza a Gaeta metterà in evidenza questa sua interessante interiorità progettuale.
Alvaro Siza presenta a Gaeta dieci grandi sculture di tre periodi differenti insieme ai disegni preparatori. Le tre ultime sculture sono inedite.

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BurkhardtLinde BURKHARDT (1937) di formazione artistica accede al design di prodotto attraverso
l' esperienza avuta nell' ambito del Gruppo Urbanes Design negli anni settanta e ottanta del secolo scorso in Germania, dove produce environments, realizza strutture pubbliche per la comunicazione sociale e l' identità urbana, spazi per i giochi dei ragazzi.
Attraverso l' esperienza del design urbano inizia a progettare oggetti di design per il quotidiano producendo per ditte di alta gamma come Driade e Alessi in Italia, Toulemonde Beauchart in Francia e Vorwerk in Germania.
Realizza grandi sculture in ceramica conservate al Museo Internazionale della Ceramica di Faenza e alla Pinakotek der Moderne a Monaco di Baviera. Ultimamente ha realizzato uno studio sulla ceramica tradizionale nera portoghese sperimentando l'introduzione di questa tecnica nell' arte. Realizza per questo sette sculture con temi tratti dalla storia e dalla mitologia portoghese esposte poi a Porto e a Lisbona.
Allestisce numerose mostre personali, partecipa a varie collettive ed è presente con le sue opere in vari musei e collezioni europei. Nel 2008 ottiene il premio della rivista Wallpaper Award per l'alta qualità della sua ceramica.
Per la mostra di Gaeta ha scelto un tema storico legato al luogo e tratto dalla mitologia greca proseguendo una modalità già sperimentata per le sue ultime mostre; sceglie temi mitologici che interpreta proponendo scene che completa con storie di sua invenzione. Così fu con la storia della Principessa di Trebisonda, oggi in permanenza alla Pinakotek der Moderne di Monaco, e con la mostra "Percursos", ora al Museo di Moda e Design di Lisbona.
Partendo da vasi dell' età classica greca, esposti nei più importanti musei europei, li riproduce nelle stesse dimensioni degli originali, sceglie personaggi femminili dipinti su questi vasi e li rende tridimensionali facendoli "scendere" dai vasi riproponendoli separatamente, in forma di sculture in cera e fusione d' alluminio e posti su dei supporti in ferro, o inseriti in grandi vetri con alabastro, il tutto presentato sotto forma di environments.
L' ultimo spazio della mostra è dedicato al risveglio di Ulisse dopo l' ultimo suo  naufragio sull' isola di Kerkyra (oggi Corfù). 
La particolare elaborazione dei lavori di Linde Burkhardt è stata considerata dalla critica con interesse per l'integrazione a temi storici di aspetti antropologici e narrativi personali, vengono così creati racconti illustrati da oggetti fra design, arte applicate e arte pura.
Nel caso di Gaeta il design si esprime con sette grandi contenitori in vetro che accolgono al loro interno, alla base o sul coperchio, personaggi in alluminio fuso, opere artistiche applicate su supporti in alabastro di esecuzione artigianale.
Questa integrazione fra storia, oggetto e arte contemporanea è il marchio personale dell' autore. Linde Burkhardt propone interventi artistici corrispondenti alla storia del territorio dove espone, per dare al pubblico locale ulteriori modi di lettura dei luoghi e della storia senza negare la cultura contemporanea.
Il lavoro di Linde Burkhardt per Gaeta è inedito, storia, messa in scena e opere sono state appositamente elaborate e prodotte per questa mostra che sarà accompagnata da un catalogo con testi introduttivi, di Juan Navarro Baldeweg (per Siza) e Burghart Schmidt (per Burkhardt), bibliografia essenziale e curricula degli artisti oltre naturalmente alle immagini delle opere.